raffaele solaini
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Dopo la prima squalifica per due giornate, l’attaccante del Napoli Zalayeta è stato scagionato da nuove immagini: una spinta non vista, e non un ignobile tuffo, ne ha causato la caduta in area di rigore. Giustizia è stata definitivamente fatta.

Non so se la decisione dei giudici sportivi sia stata la migliore. So, però, che le nuove prove televisive non hanno detto tutta la verità, né lo potranno mai fare. La stessa successione degli eventi, il rigore concesso dall’arbitro, l’iniziale censura della sua decisione e la revisione finale del giudizio, mostra come neanche gli ausili tecnologici possano fare definitiva luce sulle dinamiche di gioco. Manca, per esempio, una valutazione, sulla forza della spinta che avrebbe fatto cadere l’attaccante del Napoli. Da questo punto di vista, l’arbitro, banalmente presente sul campo, era nella posizione migliore per decidere.

Il fatto è che, come ogni rappresentazione, anche le immagini mentono, distorcono, guardano gli eventi da una sola prospettiva. In una parola, simulano. Ben lo sapeva Aldo Biscardi, che si inventò il supermoviolone in tre dimensioni. Cercando così di creare in laboratorio delle immagini più vere del vero. Simulazione duplice, in questo caso, che, come un trompe l’oil, non solo trasforma il mondo in una sua riproduzione, ma induce anche a credere che la copia possa sostituire la realtà. Tanto che, per rendere verosimile l’inversosimile, un commentatore in carne ed ossa veniva spedito sul campo di gioco virtuale, dal quale analizzare gli episodi.

La richiesta di ausili video è diventata pressante a seguito della crisi che ha investito il mondo del calcio, largamente annunciata da arbitraggi chiaramente discutibili. La richiesta di maggiore trasparenza, però, andrebbe oltre le sue legittime ambizioni, qualora si trasformasse nella ricerca di un’impossibile oggettività del giudizio. Portando, così, ad un uso inevitabilmente distorto dei mezzi tecnologici e facendo dimenticare che gli errori arbitrali fanno parte dello sport e andrebbero accettati con maggiore serenità, se commessi in buona fede.

In fondo, lo spettacolo di una partita di calcio prevede ventidue giocatore e un arbitro, che corrono tutti sullo stesso campo di gioco. Un occhio televisivo, perennemente a caccia di ogni dettaglio, rubato dalle più diverse prospettive, servirebbe solo a trasformare la partita in un nuovo grande fratello. Più vero del vero. E quindi falso.

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(Affaritaliani.it, 31-10-2007)